"SENTIRSI
ITALIANI"
Imbarazzo
comprensibile quello del nostro Tuttologo nel dover spiegare l' Inno nazionale
ad uno straniero. Quei reiterati inviti alla lotta, i riferimenti truci al
sangue e ai nemici rendono il nostro inno "imbarazzante" da
spiegare.
Certo, l' inno non va isolato dal contesto storico: rappresentava la
spinta alla lotta verso lo straniero che ancora occupava (al momento della
stesura del testo) l' Italia, ed era senz' altro degno delle migliori energie
con l'ausilio di quella "retorica guerriera" in voga allora.
Il fatto è che dopo 150 anni i problemi cruciali d'allora hanno perso via via di rilevanza per le nuove generazioni, pian piano si sono sommati altri eventi e quello che al momento sembrava il "fine ultimo e irrinunciabile", in seguito è stato messo in discussione, all'inizio degli anni '80 del XX sec. con la Liga Veneta prima e la Lega Nord dopo, fino a proporre la sostituzione dell' Inno di Mameli con il "Va pensiero" di Verdi e poi con la rilettura del fenomeno del "brigantaggio meridionale di fine '800" visto come una ribellione all'invasione di un esercito straniero con tradizioni e "interessi" diversi da quelli delle popolazioni del Sud Italia.
Questo affievolimento degli ideali risorgimentali (che in ogni caso sono stati alla base dello Stato) e del sentirsi italiani è avvenuto con il Risorgimento e avverra' con gli ideali a noi più vicini della Resistenza: può essere disdicevole ma è comunque ineluttabile. Le nuove generazioni man mano dimenticano le vicende di quelle che le hanno precedute, in un paese come l' Italia, che ha scarsa memoria, questo è ancora più ineluttabile.
Quello
che rimane (o dovrebbe rimanere) sono i macro-valori che formano una nazione,
per intenderci valori tipo "libertà-fraternità-uguaglianza", tutto
il resto è da riscoprire generazione per generazione, raffrontandosi con le
vicende storiche contingenti.
Ma torniamo al nostro
inno, scritto nel 1847 da
Mameli (a soli 20 anni) e musicato da Novaro, venne adottato nel 1946 come
inno nazionale provvisorio, sostituendo la "marcia regale". Sarà
che in Italia il provvisorio piace fatto sta' che l' inno di Mameli è rimasto
fino ad oggi come suggello dell' unità nazionale. Certo, meglio di qualsiasi
"marcia regale" che ci fece scontare un' unificazione monarchica,
invece di una più indicata federazione come teorizzato dal Cattaneo.
Ma bando alle recriminazioni, la storia è storia, quel che è sicuro è che oggigiorno l' inno non è conosciuto. Al massimo ci si ricorda la prima strofa, e neppure i calciatori italiani lo cantano all' inizio delle partite internazionali (con grande sconcerto del Presidente della Repubblica).
Come
già detto precedentemente la Lega Nord ne ha proposto la sostituzione con il
"Va Pensiero" di Verdi (tra l' altro anch' egli era un fervente
patriota).
Altri propongono la sostituzione
delle sole parole,
lasciando inalterata la
musica che ormai è
entrata a far parte (solo quella in effetti) del senso d'appartenenza
nazionale.
Quello che c' è da dire è che le parole del nostro inno mal si addicono alla
nuova
Europa che si sta creando:
il risentimento verso austriaci e russi ormai non ha più ragione di essere,
come pretendere altrimenti che le malefatte tedesche ed italiane della seconda
guerra mondiale vengano dimenticate in nome di una nuova comunità europea ?
Inoltre tra non molto la percentuale di italiani di origine
extra-europea aumenterà notevolmente (anche questo volenti o nolenti);
fondare l' unione nazionale su presupposti così lontani nel tempo e nella
storia non aiuterà certo allo scopo.
Unica
soluzione che intravedo per mantenere vivo il "sentirsi
italiani", è un ancoraggio alla "Cultura italiana", partendo
dai Valori Civili e Umani duramente conquistati (e ancora non raggiunti
appieno) nel corso della nostra storia, per passare alla Letteratura italiana
e finire perché no, alla Cucina e alle specificità Regionali.