C.T.
Prendiamo
spunto da uno scritto giovanile del nostro Tuttologo per segnalare
un'interessante iniziativa dell'Arci Scighera alla Bovisa:
Il circolo Arci Scighera e
il Centro Studi Canaja presentano
C.T. 1909 -1983
Popolo Bue ti
uccidono con l'onda... 30 anni dopo
Ricordo-omaggio ad uno dei
principali personaggi della cultura popolare metropolitana. Un uomo, un
triciclo, tre cani, un barattolo di vernice bianca.
Una missione: FERMARE
L'ONDA.
Martedì 5 novembre
h 18.30
apertura della mostra C.T. - L'onda assassina, che resterà
esposta per tutta la durata dell'evento
Venerdì 8 novembre
h 21.30 Incontro -
radiospettacolo
CT RACCONTATO
Il racconto della vita e
missione del CT in 12 quadri accompagnato dei musici della banda Popolo
Bue; conduzione a cura del Centro Studi Canaja e Radio Bandita.
Sabato 9 novembre
h 10.00: Viaggi nei
paraggi presenta: visita guidata ai luoghi del CT (info e adesioni:
viaggineiparaggi@scighera.org)
h 20.00: Cena
citiniana a cura della Locanda dell'Assurdo (prenotazioni a
info@assurda.org)
h 22.00: CT
CELEBRATO un concerto per Carlo Torrighelli
Con Paolo Ciarchi,
Brigata Corbari, Budavari, Stefano Covri, Fabio
Wolf, Popolo Bue e altri ospiti a sorpresa.
Domenica
10 novembre
h 19.30: aperitivo
acustico con i Teka P
h 21.00: proiezione
di "Intervista" (1973), "Il vaticano ti uccide con l'onda" (1990), "CT
delle Onde" (2007).
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Maurizio Ongaro: CT
L'ULTIMO IDEALISTA
A tutti noi sarà capitato, vagando per il centro storico milanese, notare per
terra delle strana scritte bianche siglate CT; sono scritte vergate con uno
stampatello molto nitido, quasi infantile.
Se ne trovano molte al parco Sempione, in piazza Cairoli ed in genere; più
raramente le ho notate anche lungo la ex-cerchia dei navigli.
Il tema è sempre il solito, ripetitivo sino a diventare quasi uno slogan:
"Popolo bue! La chiesa ti uccide con l'onda".
A tutta prima il contenuto di tali scritte può sembrare molto puerile, in
genere dopo la prima leggiucchiatina, arrivati alla fine del periodo, si
archivia tutto nei nostri oscuri meandri della memoria, pronti a dimenticarle
pochi minuti dopo. Rimane solo una latente curiosità.
Tempo fa, in una radiosa domenica, mi ero recato al Castello Sforzesco con
un amico.
Notai un ometto piuttosto tarchiato, vestito in maniera trasandata, il viso non
rasato di fresco, che indossava un impermeabile blu, stinto e sporco, che
coronava l'originalità del suo abbigliamento.
Accanto a lui vi era un triciclo sul quale faceva bella mostra di sé un'intera
legione canina, di razze poliedrica, intenta a rimirare distrattamente la folla
di sfaccendati e curiosi giacenti negli immediati paraggi. Qualche cane
beveva da un cartoccio di latte.
L'ometto richiamava l'attenzione urlando, ad intervalli regolari, la fatidica
frase: "POPOLO BUE" e ciò scatenava l'ilarità generale del volgo astante.
La fauna circostante lo osservava con la tipica e morbosa aspettativa del
"fattaccio" o del "movimento". Quel morboso istinto che ci spinge ad
assembrarci intorno a due che litigano ad alta voce, o che (magari) portano il
loro litigio alle vie di fatto.
Il tutto a debita distanza di sicurezza, s'intende.
Facendoci parteggiare per l'una o l'altra parte. Più che altro in base a
fattori dettati dalla simpatia o delle affinità elettive. Anziché dettati da
posati elementi di giudizio. Che in genere ci mancano, non avendo osservato la
scena dal principio.
Solo qualche bambino si avvicinava al triciclo ad accarezzare un cane; mi
pare anche che qualcuno mettesse qualche moneta in una ciotola.
L'espressione comune a tutti noi sfaccendati era quella specie di sorriso
ebete che si propina ai matti, unito alla smorfia di compatimento/sfottitura
con cui si gratificano tutti gli "scemi del villaggio", o presunti tali.
Espressione facciale che racchiude più o meno il pensiero: "...Povero fesso;
parla, parla pure, tanto lo so, e lo sappiamo tutti, vedi, che i savi siamo noi e
lo scemo sei tu, anche se ti diam ragione...".
Ovviamente, per aumentare il pubblico ludibrio, ogni tanto qualche fine
umorista lo istigava, facendogli domande da "spalla" dell'avanspettacolo,
tipo: "...Perché popolo bue?...Con che cosa la chiesa uccide?...Perché lo fà?...",
lanciando intorno sorrisetti ammiccatori, quasi si aspettasse un applausino.
Tali domande ottenevano, dal nostro omino, risposte secche ed urlate, sempre
le solite, già trattate negli scritti, con l'ingenuità e la foga tipica di chi si
accalora in un discorso e non si accorge di essere preso in giro.
Improvvisamente mi sono fermato a considerare:
Chi è il pazzo?
Noi, cosiddetti normali? A conti fatti "normale" potrebbe essere anche
un'offesa. Sempre pronti a dire di si a chiunque, basta che sia più importante
di noi?
Capaci di parlare per ore ed ore dell'andamento dell'azione fatta al 43°
minuto del secondo tempo della partita precedente?
Buoni solo a buttarci davanti alla televisione, ogni sera, con una pietra al
collo?
Incapaci di avere idee proprie, solo veline stropicciate dall'uso, sino a
divenire irriconoscibili, di idee altrui le quali si sono talmente radicate in noi
che crediamo addirittura, alla fine, che siano parto della nostra mente.
Con le tasche piene di illusioni perdute e mai più cercate, lauree non
conseguite tanto che siamo costretti a doverci recare molto spesso nei
parcheggi a pagamento, per poterci almeno lì sentire finalmente apostrofare
con l'ambito titolo di "dottore".
Con la bocca piena di congiuntivi orrendamente spappolati e di luoghi comuni?
Avremo mai il coraggio di portare avanti una nostra idea, senza vergogna né
rimpianti? Combattendo per essa, anche a costo di dover cercare di cambiare
il mondo. Un mondo lasciatoci in eredità da altri, obsoleto e fatiscente.
Un mondo che non ci preoccupiamo neanche di guardare. Ci viviamo dentro,
anzi ci sopravviviamo, lasciandoci scorrere addosso gli anni; uguali l'un
l'altro, così uguali da costringerci a numerarli per distinguerli fra loro. Come
con i numeri di serie sulle banconote.
Saremo mai pronti ad abbandonare tutto e partire per una crociata in difesa
delle nostre idee, soli contro tutto e tutti, come C.T.?
...Se riesci a fare un mucchio di tutte le tue vincite
e rischiarle in un solo colpo a testa croce,
e perdere,
e ricominciare da principio e non fiatar parola sulla perdita....
"IF" R. Kipling
Siamo disposti a sacrificare qualcosa per qualcuno, che non conosciamo e
magari non conosceremo mai, col solo l'intento di aiutarlo? E non intendo,
parlando d'aiuto, di alleggerirci di un po' dell'arcimonetaglia che
appesantisce le nostre tasche; parlo di qualcosa di molto più prezioso, a
secondo di quello che ognuno di noi ha di più caro: tempo, libertà, anni di vita,
carriera, successo, stima, gloria, etc.
Si, lo so cosa si può obbiettare: C.T. è uno squilibrato, un megalomane,
un'egoista, un visionario o forse più semplicemente un povero scemo, frutto di
una società nevrotica e sbandata.
Ma insomma, l'onda, inteso in senso lato, come può essere altrimenti
descritta? Come un impulso elettrico che invisibilmente parte da un punto e si
propaga.
E la sottilissima arte della persuasione, dell'ipocrisia, del dogma, della
superstizione, della fariseità gesuitica, tipiche della chiesa, non può essere
paragonata ad un'onda?
La grettezza mentale tipica del bigotto, non è equiparabile alla morte civile,
un suicidio mentale?
Ed allora chi ha ragione?
E gli squilibrati, da che parte stanno?
Da quella di C.T. o del popolo bue?
Per me C.T. sarà sempre un esempio, più che un episodio.
Un esempio di Idealista.
Forse fuorviato e non generalizzabili; non mosso da scopi di lucro, fama di
gloria e di successo; altrimenti investendo bene la sua forte personalità, non
dubito che sarebbe "riuscito".
Ho visto "arrivare" gente molto più gretta e scema.
C.T. magari è un'Idealista con molta ingenuità, forse ignoranza, ma pur
sempre un Idealista.
Forse l'ultimo.
(circa 1983/1984)
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